Uno. L’elefante invisibile agli occhi e la potenza ricombinatoria del web
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“La fantasia è una specie di macchina elettronica che tiene conto di tutte le combinazioni possibili e sceglie quelle che rispondono a un fine, o che semplicemente sono le più interessanti, piacevoli, divertenti”.
Abbiamo già parlato di serendipità, ovvero la caratteristica del web di creare e di provocare nella nostra testa collegamenti che pensavamo inesistenti, dovuti al fatto che molto spesso ci imbattiamo in informazioni in modo casuale anche se l’informazione in questione risponde esattamente alle nostre necessità. Ma quello che ora ci chiediamo è se questo processo di creazione di collegamenti continuo e reiterato abbia effettivamente la capacità di produrre nuove immagini e soprattutto nuovi immaginari.
L’episodio del boa e l’elefante de Il piccolo principe è esattamente questo: la scoperta di un nuovo immaginario che prima si celava ai nostri occhi. Tuttavia non è detto che esso sia essenziale, anzi, spesso ci accorgiamo di scoprire tante inutilità di cui faremmo volentieri a meno; ma il fatto che esista, nel web più che altrove, la possibilità di trovare la figlia del fattore quando cerchiamo l’ago nel pagliaio, ci spinge a continuare a cercare, anche se non sappiamo quale sia la fonte di tutte queste informazioni. Calvino scrive che viviamo in un’epoca in cui “la letteratura non si richiama più a un’autorità o a una tradizione come sua origine o come suo fine, ma punta sulla novità, l’originalità, l’invenzione” e dove la fonte delle nostre ispirazioni è nascosta, se non del tutto, almeno in parte. Nel testo della lezione Visibilità cita uno studioso dell’intelligenza, Douglas Hofstadter, che usa la metafora dell’iceberg per esprimere questa idea. Anche il Web è in realtà un iceberg di cui noi conosciamo solo l’un per cento, la parte indicizzata da Google, che è comunque tantissimo. Il restante novantanove, detto deep web o web sommerso, è consultabile soltanto grazie a programmi specifici come Tor o simili.
La caratteristica principale di questa parte del web è l’anonimato degli indirizzi IP dei computer connessi, mantenuto grazie al fatto che i messaggi, prima di arrivare a destinazione, passano attraverso molti nodi in modo assolutamente casuale. Inoltre, un’altra differenza dal web emerso è che ogni messaggio viene criptato a più strati. L’anonimato, l’essere invisibile è sicuramente una risorsa importante per salvaguardare le identità degli utenti, soprattutto nel caso di attivisti politici che compiono attacchi contro governi repressivi, ma può essere una risorsa anche per chi ha scopi dichiaratamente criminali: vendere armi, documenti falsi, droga e altre nefandezze. L’argomento è tanto interessante quanto spinoso, il nostro consiglio è quello di continuare ad approfondire con due articoli che a loro volta sono ricchi di altri rimandi (insomma vi stiamo indicando un rabbit hole): uno più tecnico e un altro più divulgativo. Ciò che noi troviamo interessate del deep web è una certa purezza di principio (che per esempio si manifesta in una certa mancanza di fronzoli e ricami dell’impaginazione dei siti) che si rifà a un’idea del web più vicina a quella originale, ovvero un luogo di libero scambio di informazione e conoscenza in cui la sostanza ha nettamente più importanza della forma; in cui, per dirla con il piccolo principe, l’elefante è più importante del boa.
Se questa profondità crea un immaginario ambiguo, fenomeni diversi possono nascondere immaginari altri. Sicuramente un elemento da segnalare è quello degl’internet meme, che si basa fondamentalmente sulla cultura del remix, come ben spiegato da Lawrence Lessig: a partire da una immagine si creano una miriade di altre immagini analoghe e con significati vari; queste popolano le nostre bacheche Facebook o chat di Whatsapp e chiunque può crearne una. La potenza ricombinatoria della nostra fantasia, grazie a strumenti del genere, trova ampio successo e spesso viene usata per depotenziare in chiave ironica alcuni fatti o situazioni. Esistono però altri esempi, anche decisamente più seri e costruttivi, in cui un nuovo immaginario viene costruito collettivamente e in modo condiviso: Open Source For Cancer è stato un esperimento vincente all’interno del quale, partendo da un’immagine complessa come quella della malattia, sono state create una serie di immagini relative, le cure, che hanno permesso al promotore del progetto di guarire e allo stesso tempo di dare vita a un corpus di informazioni utili per chiunque ne avesse bisogno.
La capacità di vedere oltre il cappello, scorgendo l’elefante all’interno del boa, è sicuramente la facoltà di non fermarsi al dato di fatto. Ma esiste un’altra abilità, quella di usare l’immaginazione “come repertorio del potenziale, dell’ipotetico, di ciò che non è né è stato né forse sarà ma che avrebbe potuto essere”. In fin dei conti Calvino sembra chiedersi: perché noi dobbiamo accettare che il boa ingoi un povero elefante e non una campana o un camper con dentro una famiglia in viaggio?