21th century schizoid musician (parte 1 di 3)
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Buongiorno a tutti e ben arrivati. Il tema di questo mio contributo non è chiaro neanche a me. Si ragiona intorno a tre concetti fondamentali e alle loro correlazioni: musica, fantasia, web.
Bisognerebbe quindi esplorare l’argomento in maniera scientifica esponendo le definizioni dei tre elementi, allegare una breve sinossi dei rapporti storici di ognuno di essi con gli altri due, sinossi che ci porterebbe a sviluppare una nostra teoria sulla natura di questi rapporti; analizzare conseguentemente il presente e sulla base di questa analisi profetizzare il futuro che ci aspetta. Fine del poema e potrete agilmente tornare sul sito di vogue o su porn hub, come preferite.
Siccome tutto ciò mi sembra una roba di una noia mortale, partirei invece con l’ascolto di Jacob Collier, che mi sembra una esperienza assai più interessante.
Classe 1994, londinese, si afferma verso i 17 anni con una serie di video realizzati nella sua cameretta (tanto che il suo album di esordio, uscito nel 2016, si chiama “In My Room”), con uno sforzo economico ridottissimo; per esempio il video seguente, che viaggia intorno a 1.725.000 visualizzazioni, è stato registrato interamente con un solo microfono (uno Shure sm58, costo all’incirca di 100 euro). Se vogliamo aggiungere il costo del PC e quello di una scheda audio (una Focusrite a due ingressi si trova a 150 euro circa, per esempio), sono somme ridottissime se comparate all’affitto dello Studio 2 di Abbey Road.
Con il crescere del numero di visualizzazioni dei suoi video, Collier ha affinato alcune idee che sviluppa costantemente in un continuo e impressionante work in progress: utilizzo di montaggi in cui ogni voce è rappresentata da un riquadro, sviluppo di una tastiera (grazie ai tipi della MIT’s Media Lab,) che gli permette di armonizzare le note in tempo reale a seconda dell’armonia suonata (per i profani, parliamo di quel simpatico effetto che fa sembrare che siano più voci diverse a cantare; in realtà la voce di Collier viene “clonata” artificialmente creando in tempo reale note diverse da quella di partenza ma ottenendo un coro di Jacob Collier multipli), inizia a realizzare video con altri musicisti, spesso particolarmente conosciuti all’interno della comunità jazzistica (come succede per I Wish, il classico di Stevie Wonder realizzato con la WDR big band).
L’elemento di grandissima novità di Collier è l’uso geniale delle piattaforme di internet per divulgare la musica: di fatto spezza il meccanismo CD/tour che è andato avanti per almeno settant’anni e trova un nuovo modo di costruirsi una fan base e dei followers; operazione perfettamente riuscita se consideriamo che è diventato famoso intorno al 2011, cioè ben cinque anni prima di realizzare il suo primo album.
Riflessione en passant: se riteniamo che il contenitore influenzi il contenuto (e io sono incline a pensarla così) ecco che il modus operandi di Collier contiene delle implicazioni creative che sicuramente si svilupperanno pienamente solo in futuro.
Lo stesso discorso vale per gli Snarky Puppy, il gruppo newyorchese più noto del momento. I musicisti americani prediligono dischi registrati live, con il pubblico, in studio; tutti i presenti hanno delle cuffie, il risultato viene ripreso e filmato, e di nuovo creano in questo modo una fedele base di followers che li sostiene nei loro progetti.
Possiamo dunque dire che l’elemento tecnologico nel caso di Collier e Snarky Puppy ha radicalmente cambiato la prassi commerciale; dobbiamo anche considerare però che la loro musica, pur essendo estremamente divertente (se volete provare a organizzare una festa in cui io metto Collier e Snarky Puppy sul giradischi atteggiandomi a novello David Guetta mentre voi portate le ragazze e i drink, posso dimostrarvelo scientificamente) non si discosta però molto dai modelli produttivi e/o creativi del dopoguerra.
Nasce quindi spontanea una domanda: per quale motivo i nostri beniamini di cui sopra si sono dovuti inventare un nuovo modello commerciale/musicale?
Operiamo ora un passo indietro: permettetemi di autocitarmi riprendendo un testo che scrissi circa un anno fa per il mio blog su Jazzit.
***
Semplificando in maniera delittuosa, possiamo sostenere che la storia della musica dal punto di vista dell’ascoltatore, al momento della mia nascita all’inizio degli anni Settanta, si poteva racchiudere in due singoli eventi:
- invenzione del liuto a cura di Hermes (e/o altre storie e miti affini in tutte le culture del mondo, che viene per altro invariabilmente creato con un suono), presso il Monte Olimpo, durante la notte dei tempi; per gli illuministi agnostici, sostiruire con la teorizzazione delle note e dei tetracordi a cura di Pitagora e della sua scuola grazie all’invenzione del suo monocordo, almeno per quanto riguarda noi occidentali;
- invenzione del fonografo da parte di Thomas Edison, 1877, che rende inutile la presenza di un esecutore reale di fronte all’ascoltatore e apre le porte alla riproduzione meccanica della musica.
Per essere più precisi potremmo aggiungere:
- invenzione della radio da parte di Guglielmo Marconi, 1895, che rende possibile la riproduzione meccanica e non anche a distanza;
- invenzione della registrazione multitraccia da parte di Ross Snyder nel 1955 e suoi geniali sviluppi operati da Les Paul con la moglie Mary Ford e vari altri epigoni, tra cui Beatles, Pink Floyd e lo staff della EMI agli studi Abbey Road di Londra.
Ma questi due ultimi avvenimenti (sensazionali, naturalmente per mille motivi diversi) non cambiano più di tanto l’esperienza dell’ascoltatore: la ampliano a livelli inverosimili e la rendono possibile da casa o in qualsiasi altro luogo, ma dall’altro lato del congegno ci deve essere qualcuno che invariabilmente riproduce un supporto o suona.
Nei decenni seguenti la mia nascita si inseriscono invece due nuovi avvenimenti:
- realizzazione del World Wide Web da parte di Tim Berners-Lee nel 1991;
- invenzione degli standard MPEG-1 (1991), MPEG-2 (1994) e infine MPEG-2 Audio Layer III (il più noto mp3, 1995) da parte del gruppo MPEG fondato dall’ing. Leonardo Chiariglione, attualmente al lavoro sull’MPEG-21.
In sostanza se dal 600 a.C. Circa fino al 1877 per ascoltare musica bisognava trovarsi davanti a un esecutore (che quasi sempre aveva bisogno di uno spartito manoscritto prima, e stampato da un editore poi), se dal 1877 si poteva supplire l’esperienza diretta con dischi e/o affini, e se dal 1895 si potevano realizzare queste due possibilità di ascolto anche a distanza con l’ausilio delle onde radio, ecco che nei nostri tempi queste tre consolidate opzioni vengono ad affiancarsi al nuovo ascolto liquido realizzato online, cioè in quel cyberspazio in cui tutto si trova, quasi sempre free.
Queste nuove invenzioni, come già avvenne nel 1877 e nel 1895, stanno completamente distruggendo l’industria discografica e musicale così come le si conosceva, rendendo obsoleti vecchi paradigmi e modalità di fruizione, così come le idee di carriere musicali e legate alla musica (produttori, fotografi, uffici stampa, giornalisti e così via) che navigano in questo momento storico nella bruma più scura e imperscrutabile.
Mi sembra che la sfida sia assai stimolante: si tratta di poter ridefinire completamente la musica, il suo ruolo e le sue modalità di fruizione nella società del futuro.
Ha senso fare i dischi o è meglio l’ascolto in streaming? Se come abbiamo già detto il contenitore influenza il contenuto e ne è altrettanto importante (classici esempi sono il ruolo dei primi dischi nell’influenzare l’operetta, quello dei 45 giri durante il primo rock’n’roll e quello del 33 giri per il classic rock), che sembianze può avere una musica che di fatto non ha limiti di tempo e spazio? Se il diritto d’autore non viene più alimentato perché si trova facilmente tutto gratis, come si sosterranno i talenti del futuro? Se Internet ha spazzato via gli intermediatori, la critica, le fanzine, il ruolo che aveva il negoziante di dischi di riferimento, questi ruoli verranno annullati o ci saranno altri aggregatori che avranno a disposizione risorse tecniche migliori, impensabili anche solo fino a qualche anno fa?
E in ultimo, questa disponibilità infinita e pressoché gratuita di risorse varie (accesso a biblioteche multimediali, mezzi tecnici per creare musica inimmaginabili fino a pochi anni fa, possibilità di autoprodursi e vendere le proprie opere senza intermediari), cambierà e nel caso come lo farà l’aspetto creativo della musica?
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